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      Ma perché sua infermità fu una delle piú grandi dimostrazioni della grandezza del suo animo, merita esser piú particolarmente saputa. Et io son risoluto ponerla coll'istessa narrativa che colle note del rimanente della sua vita mi è capitata in mano, perché il proverbio poco falla: che 'l modo della morte è sincero argomento della vita e leva tutte le maschere.
      Il lunedí, dunque, la mattina essendosi levato e vestito, fu sorpreso come da un totale mancamento di forze nelle mani e nelle gambe, ch'in queste non poteva piú sostenersi senza aiuto, né quelle movere senza tremore, che fu seguito nella prova del cibarsi con un aborrimento tanto grande, che se non fosse stato lo sforzo della risoluzione, sarebbe stato impossibile prender alcun ristoramento. Questo accidente però non toccò niente la sua mente, che non restasse col pieno giudizio, colla sua stessa memoria e, quello ch'importa, tranquillità et allegrezza, con che perseverò sin al sabbato, consolando egli gli assistenti e framettendo sempre alcune delle sue facezie, e tali che 'l sabbato disse poi: "Io v'ho tenuti consolati sino ch'ho potuto, ora non posso piú, e toccherebbe a voi tenermi allegro". L'accidente sudetto da' medici fu sospettato d'iniziata epilepsia. Non mancò chi sospettasse di veleno. Ma veramente né dell'uno, né dell'altro, vi furono i segni soliti, ma piú tosto d'una naturale risoluzione et estinzione de' spiriti vitali. E nell'aprirlo dopo morto, fu trovato in tutte le parti la piú bella conformazione che si potesse desiderare, ecceto che 'l cuore era picciolissimo e si vedeva come disertato, e lo stomaco senza cosa alcuna dentro, né di buono, né di cattivo, ma senza indizio di lesione.


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Vita del padre Paolo
di Fulgenzio Micanzio
pagine 190