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      Dopo che, vedendosi mancare, chiamò il padre maestro Fulgenzio, e gli comandò di partirsi con quelle memorabili parole che gli dovranno restar sempre scolpite nel cuore: "Orsú, non restate piú a vedermi in questo stato, non è dovere. Andate a dormire, et io n'andarò a Dio, d'onde siamo venuti"; e volse essere abbracciato e baciato da lui. E ben che conoscesse che cosa sia confirmare l'animo con essempii d'una tale costanza, partí, non per lasciarlo, ma per esseguire il suo comandamento et ubbidirlo in un altro ponto, ch'era di fare che tutti i padri gli facessero la carità d'assistergli al suo transito coll'aiuto delle sue orazioni. E cosí fece chiamar il padre priore e quello tutti i frati, e si ridussero intorno al letto a fare le solite orazioni e raccomandazioni di quell'anima nelle mani di Dio; che se bene non poteva piú parlare, dagl'occhi, però, e cenni, era ancora in pieno sentimento sin all'ultimo spirare. Le sue ultime parole, da fra Marco, che gli stava sopra, a pena intese, ma piú volte replicate, furono queste due "Esto perpetua". Che non ho dubbio ch'in quel transito che raccomandava l'anima sua a Dio co' piú ferventi voti di voce e del cuore, non scordò di raccomandar anco e pregare per la perpetuità della serenissima republica, a cui aveva con tanta fede e carità servito. Et in quello perse la favella; e poco dopo giunse al suo fine, che fu accompagnato da due notabili circostanze. L'una, ch'essendo stato alquanto colle mani immobili, egli da sé, con un sforzo piú tosto d'un spirito, ch'era tutto in Dio, che di corpo, se le formò in croce.


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Vita del padre Paolo
di Fulgenzio Micanzio
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