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      Non è soltanto in Inghilterra ed in America che le donne cominciano a protestare, alleandosi più o meno contro le incapacità che le colpiscono. La Francia, l'Italia, la Svizzera e la Russia ci offrono lo spettacolo di un egual movimento. Chi può contare quante donne nutrono in silenzio le stesse aspirazioni? Vi sono molte ragioni per presumere che queste sarebbero ancora assai più numerose, se non si addestrassero così bene a reprimere queste aspirazioni come contrarie alla parte assegnata al loro sesso. Ricordiamoci che gli schiavi non han mai cercato a tutta prima la loro completa libertà. Quando Simone di Montfort chiamò i deputati dei comuni a sedere per la prima volta in Parlamento, ve n'ebbe forse uno solo che imaginasse di chiedere che un'Assemblea elettiva potesse fare e disfare i ministeri e dettare al re la sua condotta negli affari di Stato? Questa pretesa non entrò mai nei sogni dei più ambiziosi di loro. La nobiltà l'aveva già; ma i comuni non manifestavano altro desiderio che di sottrarsi alle imposte arbitrarie ed alla oppressione brutale degli ufficiali reali. È una legge politica naturale che quelli che subiscono un potere d'origine antica non cominciano mai a lagnarsi del potere in sè stesso, ma solo del modo oppressivo col quale viene esercitato. Vi furono sempre delle donne che si lagnarono dei cattivi procedimenti dei loro mariti; e ve ne sarebbero state ancora molto di più, se la querela non fosse sempre stata la più grave provocazione che si attirava senza fallo un raddoppiamento di mali trattamenti.


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La servitù delle donne
di John Stuart Mill
Carabba Editore Lanciano
1932 pagine 161

   





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