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      La concorrenza basta per proibir loro tutto quel che non possono far tanto bene quanto gli uomini, loro naturali competitori, poichè non si chiede già in loro favore nè primato, nè dritti protettori; tutto quel che si domanda è l'abolizione del primato e dei diritti protettori di cui godono gli uomini. Se le donne hanno pronunciata inclinazione ad una data cosa più che ad un'altra, non v'è bisogno di leggi nè di pressioni sociali perchè la pluralità delle donne si dia alla prima anzichè alla seconda. La funzione più cercata dalle donne sarà sempre, checchenessia, quella stessa che la libertà della concorrenza le stimolerà più vivamente ad intraprendere; e, come lo stesso senso della parola significa, esse saranno più cercate per le operazioni per le quali manifestano maggiore idoneità: in guisa che quel che si sarà fatto in favor loro non farà che guarentire alle collettive facoltà dei due sessi l'impiego più vantaggioso.
      Nell'opinione generale degli uomini si pretende che la naturale vocazione delle donne sia il matrimonio e la maternità. Dico, si pretende, perchè a giudicarne dal complesso dell'attual costituzione della società, si potrebbe inferirne che l'opinione è diametralmente l'opposta. A ben considerare, gli uomini sembrano credere che la pretesa vocazione delle donne è quella che più ripugna alla loro natura; che se esse avessero libertà di fare tutt'altro, se loro si lasciasse un mezzo tollerabile d'impiegare il loro tempo e le loro facoltà, il numero di quelle che accetterebbero la condizione che si dice esser loro naturale sarebbe insufficiente.


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La servitù delle donne
di John Stuart Mill
Carabba Editore Lanciano
1932 pagine 161