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      Io credo che l'eguaglianza toglierebbe a quest'abnegazione ciò ch'essa ha d'esagerato nell'ideale che si fa oggi del carattere delle donne, e che la migliore di esse non sarebbe più portata a sagrificarsi che il migliore degli uomini; ma d'altro lato gli uomini sarebbero meno egoisti e più disposti al sagrificio della loro persona che non oggidì, perchè non sarebbero allevati ad adorare la loro propria volontà, ed a credersi una cosa talmente ammirabile da essere in diritto di dar legge ad un altro essere ragionevole. L'uomo, niente impara così facilmente come ad adorare sè stesso; gli uomini e le classi privilegiate furono sempre così. Più si discende nella scala dell'umanità più questo culto è fervido: esso lo è sopratutto presso quelli che non possono innalzarsi che al disopra di una disgraziata donna e di alcuni fanciulli. Di tutte le umane infermità è quella che presenta meno eccezioni: la filosofia e la religione, in luogo di combatterla, divengono ordinariamente i suoi manutengoli; nulla vi si oppone fuorchè il sentimento d'eguaglianza degli esseri umani che fa la base del cristianesimo, ma che il cristianesimo non farà mai trionfare finchè apporrà la sua sanzione ad istituzioni fondate su una preferenza arbitraria di un membro dell'umanità ad un altro.
      Vi sono senza dubbio delle donne, come pure degli uomini, che non andranno paghi dell'eguaglianza e coi quali non potrà esservi mai nè pace, nè tregua finchè la loro volontà regnerà sola e indivisibile. È sopratutto per questi che la legge del divorzio è buona.


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La servitù delle donne
di John Stuart Mill
Carabba Editore Lanciano
1932 pagine 161