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      Finchè gli uomini non avevano diritti legali, essi agognavano ad una libertà senza limiti. Dacchè hanno imparato a comprendere il senso del dovere, ed il valore della ragione, essi tendono di più in più a lasciarsi guidare dal dovere e dalla ragione nell'esercizio della loro libertà; ma non desiderano meno la libertà, e non sono disposti ad accettate l'altrui volontà qual rappresentante ed interprete di questi principii regolatori. Al contrario le comunità dove la ragione è stata più coltivata e dove l'idea del dovere sociale è stata più possente sono le stesse che hanno più fermamente affermato libertà d'azione dell'individuo, la libertà di ciascuno a regolare la sua condotta dietro il sentimento che ha del dovere, e dietro le leggi e norme sociali alle quali la sua coscienza può sottoscrivere.
      Per apprezzare al suo valore l'indipendenza della persona come elemento di felicità, consideriamo quel che vale ai nostri occhi pel nostro proprio benessere. Non v'ha argomento sul quale i criteri differiscono maggiormente secondo che si tratta d'altrui o di noi stessi. Quando si ode qualcuno lagnarsi di non avere la sua libertà d'azione, che la sua propria volontà non ha bastante influenza sui propri affari, si è portati a domandarsi: di che cosa soffre egli, colui? Qual danno reale ha subito? in che cosa può egli dire che i suoi affari siano mal amministrati? E se rispondendo a queste questioni, non si giunge a mostrarci un danno che ci sembri sufficiente, noi chiudiamo l'orecchio, e riguardiamo quelle querele come l'effetto del malcontento di un individuo che non potrebbe soddisfarsi con nessuna ragionevole concessione.


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La servitù delle donne
di John Stuart Mill
Carabba Editore Lanciano
1932 pagine 161