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      Qual campo d'attività per le donne che hanno perduto i loro figli, tolti dalla morte, o allontanati dagli affari, od ammogliati e fondatori di nuove famiglie? Vi sono molti esempi d'uomini che dopo una vita data agli affari, si ritirano con una fortuna che permette loro di godere, quel che credono riposo, ma che incapaci di darsi nuovi interessi e nuovi motori per rimpiazzare gli antichi, non trovano nel loro cangiamento di vita che noie, tristezze e morte prematura. Tuttavia, non par che alcuno pensi che una sorte analoga aspetta un gran numero di donne degne e devote alla famiglia, che hanno pagato quel che si afferma, dovere le donne alla società, ed allevato i loro figli in modo irreprensibile, diretto la loro casa, finchè avevano una casa da dirigere, e che, abbandonate da questa occupazione unica per la quale erano state formate, restano con una intera attività, ormai senza impiego, a meno forse che una figlia, od una nuora non vogliano abdicare in favor loro l'esercizio di queste funzioni nella giovine casa. Triste destino certamente per la vecchiaia delle donne che hanno degnamente compito, finchè ne hanno avuto l'incarico, ciò che il mondo chiama il loro unico dovere sociale. Per queste e per quelle alle quali questo dovere non fu assegnato che languiscono per la maggior parte tutta la vita, colla coscienza di una vocazione attraversata e d'una attività alla quale si è impedito di manifestarsi, non vi è altra risorsa in generale che la religione e la carità. Ma la loro religione, tutta di sentimento e di osservanze religiose, non porta all'azione, se non sotto la forma di carità. Molte donne sono assai ben dotate, per la carità, dalla natura, ma per praticarla utilmente od anche senza produrre mali effetti, è d'uopo l'educazione, la preparazione complessa, le cognizioni e le facoltà di spirito, di un abile amministratore.


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La servitù delle donne
di John Stuart Mill
Carabba Editore Lanciano
1932 pagine 161