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      Il tempo passava; tempo perduto, secondo lui. Cercò invano di destare le coscienze dei suoi consenzienti; di spronarli ad un'azione energica. Non riuscì.
      Allora decise di agire da solo, e costruì quattro bombe.
      Voleva gettarle, possibilmente tutte quattro, terribile ammonimento ai tiranni. Non dovevano illudersi. L'anarchia non era spenta; lo spirito anarchico era tuttora desto in Italia; ammonimento pure ai consenzienti e sprone ad imitarlo.
      Sarebbe morto lui pure. Ciò non lo turbava. Non faceva nessun conto della propria vita. Non valeva la pena di vivere, schiavo tra schiavi; e se il sacrifizio della sua vita avrebbe potuto accelerare alquanto il gran momento della redenzione, era lieto di farlo.
      Forse l'avrebbero arrestato. In tal caso i giudici avrebbero udito la sua franca parola; uno scatto fiero e sincero dell'anima italiana, ribelle ad ogni giogo e stanca di ubbidire a mille tiranni.
      La sola scelta del luogo gli era difficile. Dove lanciare le bombe?
      In chiesa? Avrebbe colpito i tiranni della teocrazia, ma la borghese non si sarebbe scossa. Avrebbero ascritto il tentativo ad uno sfogo di anticlericalismo. Sulla via? In tal caso i preti si sarebbero fregate le mani e creduti indisturbati nel luogo santo.
      Dove dunque?
      Ora aveva trovato una soluzione. In Chiesa e nella via, purchè Narciso Rossi avesse mantenuto la promessa. L'avrebbe mantenuta. Era idealista e perciò fedele.
      Lo chiamarono al telefono. Dalla trattoria, donde gli portavano la cena, gli domandavano se la voleva di grasso o di magro.


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I sogni dell'anarchico
di Ugo Mioni
Libreria Artiginelli Milano
1922 pagine 134

   





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