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      Vide soltanto la folla curiosa che lo guardava, e faceva delle osservazioni punto lusinghiere sulla sua persona ed i molti, che non lo degnavano neppure di uno sguardo; e se sentiva uno sdegno infinito per i primi, provava una rabbia ancora maggiore dell'indifferenza degli altri. O questi romani! Sentiva di odiarli. Poterli schiacciare tutti.
      Eccolo nello stabulum, schiavo in mezzo a molti schiavi: costretto ad un lavoro faticoso, umiliante, di pulizia dei cortili, di spaccatura di legno, a portare fardelli, sempre sotto la sferza, pieno di fame, di sete, colla febbre che lo divora, desideroso di presto finire quella vita.
      Chiede di venir introdotto da Cesare e gli rispondono con parole di scherno; domanda di potergli esporre le proprie ragioni; di poter affrontare, a testa alta, lui, il capo temuto e rispettato dei beduini, il capo temuto e potente dei romani, ma gli si risponde con una risata.
      Intanto passano i giorni, lunghi, monotoni; ed egli altro non vede che le grigie pareti dello stabulum, dal pavimento coperto di eterne immondezze; respira l'aria afosa, viziata, pregna di fetore; e non vede che di rado un po' di cielo, quando passa nel minuscolo cortile, chiuso da alte mura, dove c'è il pozzo, dal quale ha da attingere l'acqua, mentre nello stabulum stesso regnano le semi tenebre e la luce non entra che scarsa da una stretta finestra, chiusa da grate di ferro.
      Quanti schiavi!..... Là si parlano tutte le lingue del mondo conosciuto; là ci sono tutti gli strati sociali; uomini, caduti nella schiavitù per la violenza delle armi e che primeggiavano nelle loro terre; malfattori, della peggior specie, debitori incapaci di pagare ed antichi schiavi, i quali avevano perduto la grazia del padrone ed erano stati regalati o venduti al fisco; schiavi inviati colà dai paesi più remoti, perchè i proconsoli ed i prefetti, non mandavano alla capitale del mondo soltanto il tributo di oro e gemme ed il bottino di quadri, bronzi, colonne e statue, rubate nei templi degli dei e nei palazzi dei ricchi; non inviavano soltanto copia di cereali, vettovaglie, animali selvaggi o rari per i giochi nel circo, leoni, pantere, leopardi, elefanti, iene, ma anche il tributo umano, schiavi molti, per i lavori pubblici, per il circo.


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I sogni dell'anarchico
di Ugo Mioni
Libreria Artiginelli Milano
1922 pagine 134

   





Cesare