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      Egli sente quel non so che di sacro, di singolare, di indefinibile, di speciale che ha l'Umbria; sente che essa è una terra privilegiata; ma allora quel privilegio speciale non le giova; anzi sembra che i goti infurino più che mai in quella terra. Dietro di loro è il deserto, e quanto si oppone al loro passaggio diventa deserto.
      Case bruciate; la popolazione passata a fil di spada, scannata, uccisa tra indicibili dolori, tra infiniti tormenti, o menata schiava.
      Giunsero alla casa dove abitava la sua sposa diletta. Maledice a se stesso che non l'ha resa attenta al grave pericolo, che non ha cercato di metterla in salvo. Anche quella casa viene bruciata, ed egli deve vedere la sua sposa tra le braccia dei goti, in uno stato più terribile della morte.
      Egli agita allora le braccia incatenate verso il cielo e maledice all'Eterno che ha abbandonato l'Italia e permette la rovina di questa terra!
     
     
     
      IV.(9)
     
      Ma chi sono quei due uomini che si fanno imperterriti avanti, nulla temendo?
      Vestono una talare di lana bianca, che giunge loro al malleolo, e sulla quale scende lo scapolare della stessa stoffa. Uno ha la barba lunga, di neve, e l'altro è un giovane, dalla faccia spiritualizzata, dallo sguardo estatico, ispirato; un giovane bello, infinitamente bello, di una bellezza ieratica. Gli sembra un angelo; uno di quegli angeli che la mano esperta di un umile pittore aveva dipinto nella chiesetta, ormai distrutta, del suo villaggio. Quel giovane sembra un santo; sembra Pancrazio od Oreste; o è forse Tobia, che l'altro, il venerando vegliardo, guida?


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I sogni dell'anarchico
di Ugo Mioni
Libreria Artiginelli Milano
1922 pagine 134

   





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