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      Si avvolge ben bene nelle coltri, cela la testa nel lenzuolo e cerca sonno.
      Morfeo fa scendere lentamente fiori di papavero sul suo capo. Sbadiglia; le idee gli si confondono; dimentica il luogo dove si trova; dimentica che è la notte di Natale.
      Dorme...
     
     
     
     
      V.
     
      Il signorotto.
     
     
     
      I.
     
      Egli era uscito dalla sua piccola casa, dove abitava colla moglie ed una nidiata di figli, e guardava il colle vicino, dai pendii rapidi, scoscesi, sul quale mani affaccendate costruivano una grande fabbrica. Qualche settimana prima colà non v'erano che quattro alberi ed un po' d'erba, ed ora sorgevano, come d'incanto, alte mura, munite di strette finestre, e già incominciava su quelle ad alzarsi una torre. Egli osservava sdegnato, adirato, con un grande, immenso fremito di rabbia, e malediva a colui, che aveva ordinato la fabbrica e a coloro che eseguivano il lavoro.
      - Vili! Per qualche berlinga vendono il loro lavoro allo straniero, all'usurpatore! Qualche settimana ancora ed il castello sarà ultimato. Egli vi abiterà ed allora guai a noi! Ci tratterà da schiavi, come già ci trattano altrove. Ritengono queste nostre terre paese di conquista.
      Egli fa il pugno e freme, dalla grande rabbia, dallo sdegno impotente. La persuasione della propria impotenza ne aumenta la collera; gli sembra di essere simile ad un piccolo cane fedele, che non può opporsi al ladro, il quale entra nell'abitazione del padrone amato. Il cagnolino deve limitarsi a latrare; ma il ladro neppure si cura di lui; tira innanzi con disprezzo e questo disprezzo fa al cane assai più male, che se il passante avesse aggredito, si fosse posto alla difesa, lo avesse magari ucciso a bastonate.


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I sogni dell'anarchico
di Ugo Mioni
Libreria Artiginelli Milano
1922 pagine 134

   





Natale