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      E come Napoleone, il gran ladro, così i suoi generali, i suoi ufficiali, i suoi soldati; tutti fino all'ultimo uomo.
      Una mezza compagnia aveva rovinato, col suo passaggio, i suoi campi, invaso la sua casa, mangiato i suoi viveri, bevuto il suo vino, ucciso i suoi polli, scannate le sue due vacche, rubato il suo denaro, e quando sua moglie, egli era assente, li aveva pregati di cessare, di non uccidere per il barbaro piacer di uccidere, di lasciare in vita almeno il bove aratore; erano così poveri e quel bove rappresentava per loro una sostanza, senza di quel bove come avrebbero potuto arare i loro campi; eppoi essi, i soldati, erano fin troppo sazi e carne c'era là in abbondanza, allora essi erano montati sulle furie; avevano scannato il bove, il mulo, le poche pecore; avevano rotto, fuori di sè dalla rabbia, tutti i mobili della casa: le sedie, le scranne, gli armadi, i letti, avevano bastonato, con quelle scheggie, la donna a sangue; ne avevano percosso i figli, e poi avevano fatto un gran falò, con quei mobili rotti, guasti, e se ne erano andati, fieri del loro operato, maledicendo agli italiani...
      Egli era ritornato ed aveva trovato ogni suo avere distrutto; si era trovato in una casa completamente vuota e piena di lordure, colla moglie malconcia, i figli battuti, pesti, insanguinati, il bestiame scannato; ridotto alla miseria, incapace di uscire da quella, privo dei mezzi di lavoro.
      Aveva avuto allora fremiti d'impotente sdegno; aveva sentito un desiderio infinito ma insoddisfabile di vendetta; ed ora si recava alla città vicina, dove risiedeva il generale, per raccontare il fatto; per chiedere il risarcimento dei danni; per domandare giustizia; deciso di commettere, per ottenerla, magari un eccesso; risoluto a tutto.


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I sogni dell'anarchico
di Ugo Mioni
Libreria Artiginelli Milano
1922 pagine 134

   





Napoleone