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      Per il momento non nevicava.
      Chiuse rapidamente la finestra, cacciò una berretta di pelle in capo, tirò su il collare del pastrano, cacciò nelle tasche le mani inguantate, uscì dal suo piccolo appartamento, scese le scale e passò sulla via.
      Il pensiero: tu scendi per l'ultima volta queste scale, gli sembrò così strano; lo fece trasalire.
      Pensò: Non potrei lanciare ora la bomba e approfittare della confusione, che avverrà, per svignarmela? Era per lo meno probabile che avrebbe messo al sicuro la propria vita. Ma poi cacciò questo pensiero. Non voleva sembrare vile; non voleva che si fosse detto l'indomani: la bomba venne lanciata da uno dei nostri soliti avversari, gente vile, capace di commettere il delitto, ma incapace di sopportarne le conseguenze(15).
      Giunse sulla via e l'attraversò. Era deserta.
      Chi mai esce a quell'ora il giorno di Natale?
      Il freddo era cane; la neve, dura, scricchiolava sotto i suoi piedi, che imprimevano in quella orme profonde. Giunse alla piccola piazza, dove c'era un caffè.
      Era aperto. Attraverso le lastre, appannate dall'alito di chi si trovava entro, trapelava uno scialbo bagliore. Pose la mano sul saliscendi, aprì l'uscio ed entrò.
      Il caffè era deserto; non v'era allora anima vivente. Chi mai va alla mattina di Natale, alle sette, al caffè? A quell'ora i più dormono ancora; e chi non dorme è in chiesa oppur prende il caffè a casa sua. I pochi frequentatori assidui del caffè nelle prime ore del mattino, operai ed impiegati, non ci vanno il giorno di Natale.


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I sogni dell'anarchico
di Ugo Mioni
Libreria Artiginelli Milano
1922 pagine 134

   





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