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      Giunti non dimenticò di essere anarchico. Volle fare un po' di propaganda alle sue persuasioni, e disse perciò:
      - Il giorno è vicino!
      Stupore del vecchio.
      - Lo dice anche lei? - domandò.
      - Sì.
      - Allora si farà tutto a parte?
      - Tutto sarà di tutti.
      - Ella, un signore, lo dice?
      - Ne sono convinto ed anelo, ed anelo il momento.
      Il fattorino rise. Il suo riso era ironico. Il popolo ha un'ironia sublime.
      - Se il signore vuole può affrettare quel momento. Si decida. Io sono disposto di accettare tutto. Mettiamo in comune la sua abitazione. Sono pronto di entrare subito - disse.
      Una leggera nube velò il volto di Giunti. È questa la solita obiezione che i non anarchici fanno a chi professa queste dottrine. - Voi siete anche comunardi. Ebbene: Procedete coll'esempio.
      - Lo farò, quando lo faranno tutti. Per guarire la società è necessario che il capitale sparisca, che spariscano i superiori, le autorità, le leggi, e che tutto diventi proprietà di tutti - osservò.
      Il fattorino rise.
      - Così lo dicono tutti. E mentre l'uno attende che incomincino gli altri, noi si muore di fame e di freddo - osservò.
      Giunti sentì nausea di quell'uomo.
      - Se spendeste un po' meglio il vostro danaro; se invece di ricorrere al bicchierino ed ai liquori vi compraste pane, non avreste da lamentarvi - disse.
      Il fattorino rise.
      - Non ho bisogno di lezioni - osservò.
      Giunti prese la lettera e diede al fattorino una lira di mancia. Questi neppure ringraziò. La lira gli sembrava troppo poca cosa per un uomo, il quale si vantava comunardo e predicava venuto il tempo della divisione, nel quale tutto doveva diventare proprietà di tutti.


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I sogni dell'anarchico
di Ugo Mioni
Libreria Artiginelli Milano
1922 pagine 134

   





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