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      Felice e beatissima dunque voi e chi segue il vostro stile e molto più poiché vi ha Dio dato così sublime ingegno che vi dilettate ed essercitate nelle virtuose azioni e impiegando i vostri alti pensieri nei cari studi delle lettere, così umane, come divine, cominciate una vita celeste, essendo ancora nei travagli e pericoli di questo mondo, li quali voi rifiutate, rifiutando il comercio delli fallacissimi uomini, dandovi tutta alle virtù che vi faranno immortale. E certo che voi, mediante il vostro sublime intelletto dovereste scriver un volume in questa materia, persuadendo per carità alle povere figliuole che non sanno ancora discernere il mal dal bene, quello che sia il loro meglio e così voi diverreste a doppio gloriosa e fareste servizio a Dio ed al mondo intieramente».
      «Questa sarebbe bene una buona opera - rispose Corinna - e vi ringrazio del ricordo che me ne date, che forsi col tempo potrebbe esser che io lo facessi».
      «Fra tanto non è possibile - aggiunse Adriana - che voi non ne abbiate almanco fatto qualche sonetto in questo proposito».
      «Mi sono bene affaticata - rispose Corinna - ma non mi è riuscito punto».
      «Deh diteci qualche cosetta di grazia - replicò Adriana - che ci farete un sommo favore».
      Quivi tutte le furono intorno e tanto ne la pregarono, che al fine per compiacernele spiegò loro con graziosa modestia il seguente sonetto:
     
      Libero cor nel mio petto soggiorna,
      Non servo alcun, né d’altri son che mia,
      Pascomi di modestia, e cortesia,
      Virtù m’essalta, e castità m’adorna.


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Il merito delle donne
di Moderata Fonte
pagine 220

   





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