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      «Veramente - disse allora Cornelia - che se noi non fussimo tanto benigne, pietose ed umili di natura, risguardando solamente a questo, dovressimo fuggir la lor pratica assolutamente, dalla qual ci nasce se non danno, vergogna e rovina espressa e dovressimo conoscendo i nostri meriti, star più sopra di noi e serbar il nostro decoro e donnesca auttorità e non si domesticar tanto con chi non ci merita e con chi sopra mercato dice poi mal di noi, essendo essi soli colpevoli di ogni nostro male».
      «Voi me ne dite tante - disse Verginia - che io di già incomincio a spaventarmi e a tor gli uomini in disgrazia e forse forse, ch’io farò nuovo pensiero».
      «Piano - disse la Regina - figliuola mia già non afferman queste donne, che fra tanti cattivi non ve ne sia alcun di buono».
      «Non - rispose Cornelia - e se non fusse per altro, per essere partecipe della semplicità e bontà della madre e perché si dice che ’l padre nel generare ha più parte nel figliuolo che la madre, di qui nasce che ’l figliuolo riesce più simile ad esso padre e per consequenzia così malvagio di maniera, che quel d’essi uomini è manco reo, che più partecipa della bontà della madre».
      «In somma - disse Lucrezia - voi con tutte queste vostre ragioni non negarete già che le donne sono state e sono cagion di mille danni nel mondo e perciò si chiamano donne, quasi danno».
      «Anzi - rispose Corinna - si chiamano donne, quasi dono celeste e senza il qual non vi è cosa di bello, né di buono; ma perché “danno” di grazia?».
      «Perché? - ritolse Lucrezia - non si legge che per una donna fu destrutta Troia con dieci anni di guerra continui?


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Il merito delle donne
di Moderata Fonte
pagine 220

   





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