Pagina (92/220)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Androchida, dimandato come si potesse piacer a gli uomini, rispose conversar con loro soavissimamente ed arrecar loro le cose più utili e necessarie. Aristotile lasciò scritto che tali devemo esser verso gli amici, quali che desideriamo che essi siino verso di noi». Disse allora Cornelia:
      «Gli amici si conoscono credo io più nell’avversità che altramente, secondo quel verso d’Ovidio:
     
      Quando sarai felice numerarai molti amiciMa ne’ tempi travagliosi ti ritroverai solo.
     
      E il poeta ferrarese lasciò scritto:
     
      Alcun non può saper da chi sia amatoQuando felice in su la ruota siede».
     
      «Diceva - aggiunse Corinna - Seneca che le prosperità dispongono gli amici, ma le avversità certamente gli provano. E Demetrio aggiungeva nelle prosperità doverci esser gli amici advocati, ma nelle avversità non vocati, cioè che da loro spontaneamente e senza aspettar d’esser richiesti debbon soccorerci ne i bisogni. Molte furono ne’ tempi antichi vere copie d’amici, quali misero la propria vita l’un per l’altro volontariamente, come Pilade ed Oreste, Damone e Pitia, Focion e Nicocle; Achille e Patroclo. Servio Terrenzio si finse Decio Bruto per morir in suo cambio, ma non gli riuscì. Così molti altri furono amici come Scipio e Lelio, Niso ed Eurialo, Ercole e Filottete, Polistrato ed Ipoclide filosofi, nati in un medesmo giorno, disciplinati da uno istesso maestro e morti in un medesmo tempo».
      «Certo - disse la Regina - fra duo veri amici non deve esser più de un voler ed un non voler e ogni cosa deve esser commune».


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Il merito delle donne
di Moderata Fonte
pagine 220

   





Cornelia Ovidio Corinna Demetrio Pilade Oreste Damone Pitia Focion Nicocle Achille Patroclo Terrenzio Decio Bruto Scipio Lelio Niso Eurialo Ercole Filottete Polistrato Ipoclide Regina