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      «Il delfino - disse Cornelia - conosce il mal tempo per quel che si dice. Il delfino annonziator di tempesta è come ho detto amico dell’uomo e massime de fanciulli, co i quali si è veduto spesso scherzare per le riviere e mi ricordo aver letto, che una volta essendo un fanciullo montato sopra la schena a un delfino e giuocando, accade che con una delle sue spine inavedutamente si traffisce il costato, della qual ferita se ne morì ed il delfino per gran dolore non volse mai più tornar nell’acqua, ma stando sopra la terra, cosa contraria alla sua natura, in poco spazio si morì dietro».
      «Gran meraviglie son queste di natura - disse Lucrezia - ma io ho udito dire d’un pesce detto scaro, che a guisa d’animal terrestre va ruminando per il mare».
      «Egli è vero - disse Lucrezia - per quanto si legge ed essendo questo pesce preso a nassa sempre con la coda s’ingegna per uscir fuora, avendo compagni di fuora via della medesma spezie che l’aiuta ad uscirne. Lo storione, pesce nobilissimo, è molto più caritativo verso la sua stirpe, che non gli abbandona mai e per difenderla mette se stesso in pericolo».
      «Ah - disse allora Leonora - e che dovrian poi far gli uomini verso di noi? Che siamo una cosa istessa con loro? E pur sempre ci opprimono e ci traffigono a guisa del riccio con la biscia, che egli essendo tutto spinoso ed ella di pelle delicata e ridotta seco in angusto spazio, si lagnava che era punta da lui ed egli le rispose: ‘chi non si può star vada con Dio’».
      «Ma - disse Cornelia - gli uomini amano fin che sperano cavar qualche utile da noi, nel rimanente non metterebbono un pelo in pericolo per amor nostro.


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Il merito delle donne
di Moderata Fonte
pagine 220

   





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