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      «Così non fusse» disse Corinna.
      «Or pensate pure - disse Cornelia - che vi è un gran che fare. Che ancor che la nave sia ben composta di buon legname di rovere, cinta di pino, bene spalmata, chiusa ed impeciata, ben fornita di vele, timone, ancore, sarti ed altri instromenti opportuni, ancorché sia ben provista di uomini espertissimi da timone, da vele, da bossolo e sì fatti con tutta quella misura e peso, che se le conviene secondo la sua capacità, vi prometto che molte volte poco le giova. Così parte delle galee, delle fuste, delle navi picciole da mercanzia e simili, perché avendo a gir per paesi così remoti e strani, benché con la carta da navicare e la tramontana si sappia vedere quali passi siino da schivare e quali da seguire e s’abbia pratica di mar, di venti e di scogli, tuttavia per la gran forza de venti e per lungo contrasto di fortuna sono sforzate ad urtare nelle spiaggie e sdruscire nelli scogli coperti e spesse volte affondarsi».
      «Mi par impossibile - disse la Regina - che quelli che pur giongono a salvamento de lor viaggi in porti lontani possano, essendo usi in un’aria, viver così discosti, oltre le altre incommodità che patiscano».
      «Pensate pur - rispose Corinna - che quelli, che si pongono a far viaggio, bisogna che siano d’una natura molto robusta e che non si perdan per poco; ma quanto alla mutazione dell’aria non patiscono tanto, perché la vanno a cambiando a poco a poco; che se si potesse in un subito volar, come gli uccelli da loco a loco, non è dubbio che pochi vi durerebbono.


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Il merito delle donne
di Moderata Fonte
pagine 220

   





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