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      «Come volete voi - aggiunse Corinna - che possino alcuna di queste pietre in loro, poscia che hanno essi il cuor di pietra e di più duro metallo che non produce la terra? E però non si moverebbono per pietre salvo se noi non le facessimo lor provare, come fece quell’ortolano a colui che gli robbava i frutti su l’arbore».
      «Almanco - disse Leonora - si movessero per forza di parole, che mi sforzarei far loro una orazione publicamente in genere demostrativo, lodandogli e facendoli ogni sorte d’amorevolezza, pur che ci valesse».
      «O - disse Corinna - che piacer sarebbe l’udirvi, andareste di grazia alla presenzia di tanti sindici, di tanti strasavi, di tanti che stanno se non su’l notar, su’l beffar e su’l dar la burla? Io non credo già che vi giovasse alcun argomento di logica, alcun silogismo di dialetica, né alcun color di retorica; non vi valeria formar concetti, vestirli di vaghe parole, alterar la voce, variar lo stile, né accomodar le figure per produr le ragioni, per provar le leggi, per ricordar gli essempi; vi perdereste sul bel principio ed avendo a pena incominciato il proemio, vi trovareste aver fornito la narrazion e l’epilogo».
      «Io ho un grand’animo - rispose Leonora - e so ben io che pur che mi valesse, saprei ben dir le mie ragioni».
      «Sì - rispose Cornelia - ma sete troppo furiosa, non avreste troppo buona grazia».
      «O che bella oratrice - disse Elena - di grazia, fate conto che noi siamo gli uomini e cominciate un poco; come direste?».
      «Sarebbe meglio che voi parlaste - disse Corinna - in genere deliberativo, persuadendo gli uomini, in nome di tutte le donne, che ci amino e tenghino conto di noi».


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Il merito delle donne
di Moderata Fonte
pagine 220

   





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