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      Il diritto romano offre più facilità al servo di riscattarsi dal padrone che al figlio dal padre. La liberazione dei servi fu introdotta presto e si effettuava senza molte difficoltà; quella dei figli è di data molto più recente ed aveva bisogno di complicate formalità. E se il padrone vendeva il servo e il padre il figlio, ed il compratore rendeva la libertà ad entrambi, il servo diveniva libero, ma il figlio ricadeva sotto la potestà paterna. In forza della inesorabile logica, colla quale fu concepita dai Romani la potestà patria e maritale, essa era stata trasformata in un vero diritto di proprietà. Se non che, malgrado questa quasi parificazione della domestica autorità sulla moglie e sulla prole col diritto di proprietà sullo schiavo e sul bestiame, i membri della famiglia erano però non solo di fatto, ma anche di pieno diritto, chiaramente distinti dai beni della famiglia. L'autorità domestica, anche astrazion fatta ch'essa non aveva vigore se non nell'interno della casa, assumeva poi in definitiva un carattere transitorio, e in certo modo rappresentativo. La moglie e la prole non esistono solo per soddisfazione del padre di famiglia, come la proprietà per il suo proprietario, come nello stato assoluto i sudditi pel re; essi sono bensì oggetti di diritto, ma nello stesso tempo hanno un proprio diritto: non sono cioè cose, ma persone. I loro diritti sono soltanto sospesi, perchè l'unità del governo della casa esige un solo rappresentante; ma quando muore il capo di casa, i figli subentrano naturalmente come capi di casa, e acquistano allora sulle mogli e sui figli e sui beni i diritti esercitati fino in quel punto dal padre, mentre invece colla morte del padrone, non si cambia menomamente la legale posizione del servo.


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Storia di Roma
1. Dalla preistoria alla cacciata dei re da Roma
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 327

   





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