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      Questo apparisce chiaro nei nomi romani; quando si dice «Marco, figlio di Marco, nipote di Marco, e così via via dei Marchi» si estende la famiglia sin dove si indicano gli ascendenti individualmente; là dove poi cessa questa designazione individuale subentra, come supplemento, la gente, ossia la derivazione da un antenato comune il quale ha trasmesso il nome di figli di Marco a tutti i suoi discendenti.
      3 Clienti della casa. A queste unità di famiglia e di stirpe strettamente congiunte e raccolte sotto la potestà d'un capo vivente, ed originate dal diradarsi delle famiglie, appartenevano gli ospiti, cioè i membri di altre cerchie consimili, dimoranti transitoriamente nella casa, ma non gli schiavi i quali, legalmente, erano considerati come beni e non come esseri. Questo rapporto non era giuridico come quello del padre verso il figlio. Il cliente rimaneva un uomo libero, ma di una libertà vigilata. I clienti, in una con i servi, formavano una famiglia libera e indipendente ad un tempo dalla volontà del cittadino, onde egli era detto patrono e la moglie matrona, e come tale il patrono doveva proteggere e rappresentare l'ospite ed era logico che questi l'onorasse e gli obbedisse.
      Il padre non può, in forza di legge, intentare una lite al figlio nè il figlio al padre; fra il patrono e il cliente lo vieta il costume, che impone il dovere di protezione, al patrono, e di rispetto, al cliente.
      Questa condizione non aveva conseguenze legali sugli anni; nondimeno in tutti i casi in cui il patrono era obbligato ad incontrare delle spese d'onore e di necessità, i clienti venivano invitati a concorrervi, ed era egualmente naturale che, morendo l'ospite o il liberto senza lasciare eredi propri, i suoi averi toccassero al patrono il quale, dopo i parenti naturali, gli era più prossimo.


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Storia di Roma
1. Dalla preistoria alla cacciata dei re da Roma
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 327

   





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