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      Non è necessario avvertire che le canzoni in lode degli antenati erano tradizionali, ed è provato inoltre ch'esse venivano d'ordinario recitate da fanciulli; se non che, sino dai tempi di Catone il vecchio, esse erano già interamente in disuso. Le commedie poi, quando ci si voglia passare questo nome, furono allora, e molto tempo di poi, generalmente improvvisate. Di questa poesia e di questa musica popolare non fu possibile trasmettere altro che il metro, l'accompagnamento musicale e corale, e forse le maschere.
      Si può dubitare se negli antichissimi tempi esistesse ciò che noi chiamiamo metro o misura del verso; la litania dei fratelli Arvali difficilmente si presta ad uno schema metrico fissato meccanicamente e ci si presenta piuttosto come una animata declamazione. Nei tempi posteriori si trova un antichissimo metro, il così detto verso saturnio116 o faunico, di cui non si ha riscontro nella prosodia greca, e che nacque verosimilmente colla più antica poesia popolare latina. La seguente poesia, di un'epoca certo di gran lunga posteriore, ne potrà dare un'idea.
      Quod ré suá difeídens – ásperé afleictaParéns timéns heic vóvit – vóto hóc solúto
      Decumá factá poloúcta – leibereís lubéntesDomi danúnt Hercolei – maxsumé méreto
      Semól te oránt se vóti – crébo cón démnesCiò che diffidando del suo stato – posto a gravi angustie,
      Il genitor tremendo qui votò, – sciolto questo voto,
      Fatta la decima e l'offerta, – i figliuoli volenterosiDànno in dono ad Ercole, – sommamente benemerito,
      E infine anche te pregano – affinchè tu spesso li esaudisca.


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Storia di Roma
1. Dalla preistoria alla cacciata dei re da Roma
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 327

   





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