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      Rispetto alla poesia poi, la lirica greca e la tragedia erano nate da quelle stesse canzoni che si dicevano nelle solennità romane; le laudi degli avi portavano in sè i germi dell'epopea come le burlette delle maschere quelli della commedia; ed anche in ciò non mancava l'influenza greca. Tanto più deve parere singolare che tutta questa ricchezza di germi non si sviluppasse, e riuscisse a nulla. L'educazione fisica della gioventù latina rimase aspra e vigorosa, ma estranea al pensiero di quel perfezionamento artistico del corpo, a cui tendeva la ginnastica ellenica. Le lotte pubbliche degli Elleni non cambiavano in Italia la loro forma esteriore, ma il loro spirito e la loro sostanza. Mentre dovevano essere gare dei cittadini – e tali senza alcun dubbio furono appunto nei primordi di Roma – divennero in seguito lotte di cavallerizzi e schermidori; e se la prima condizione per l'ammissione ai giuochi solenni della Grecia era quella di un'origine libera ed ellenica, i giuochi solenni romani finivano presto nelle mani di liberti e di stranieri, e persino di schiavi. Il popolo dei combattenti si cambiò per conseguenza in un pubblico di spettatori, e appena più tardi nel Lazio si parlò della corona del vincitore, che con ragione si chiamò l'insegna della nobiltà ellenica. La stessa sorte ebbero la poesia e le arti sorelle. I soli Greci ed i Tedeschi posseggono la spontanea, non artificiosa e zampillante scaturigine delle canzoni; sul verde suolo d'Italia sono appena cadute alcune poche goccie dall'aurea coppa delle muse.


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Storia di Roma
1. Dalla preistoria alla cacciata dei re da Roma
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 327

   





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