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      In primo luogo coll'insediamento dell'interrè, cessarono essenzialmente quelle cariche sulle quali si riverberava lo stesso splendore che circondava il re, come era stata quella del governatore della città per l'amministrazione della giustizia, e quella del generale della cavalleria per il comando dell'esercito; che se anche poi si nominava un governatore della città, quando entrambi i consoli lasciavano la città per assistere alla festa latina, ciò non avveniva che per le poche ore della loro assenza.
      Anche il diritto di mandato, durante l'epoca in cui i consoli risiedevano in città, fu probabilmente limitato subito dopo l'introduzione di questa carica, cosicchè al console era prescritto il mandato solo per certi casi e proibito per certi altri.
      Come si è detto, tutto l'ordinamento giuridico era ordinato secondo tale massima. Il console poteva, senza dubbio, esercitare la giurisdizione criminale anche nei processi capitali, in modo da sottomettere la sua sentenza al comune, e questo la confermasse o rigettasse, ma, come si è visto, egli non ha mai esercitato questo diritto, forse non l'ha potuto esercitare ed ha forse pronunciato una condanna solo quando, per un motivo qualunque, era escluso l'appello. Si evitava il conflitto immediato fra il più alto magistrato della repubblica e la repubblica stessa e il processo criminale veniva ordinato in modo che il supremo potere del comune, pur restando competente in teoria, si esplicava per mezzo di necessari rappresentanti, scelti dal comune stesso.


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Storia di Roma
2. Dall'abolizione dei re di Roma sino all'unione dell'Italia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 376