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      Essa non prova altrimenti una profonda sapienza politica, ma è piuttosto un cattivo compromesso tra la ricca nobiltà e la moltitudine priva di consiglio e di guida.
      Si disse che il tribunato del popolo abbia preservato Roma dalla tirannide. Quand'anche ciò fosse vero, poco importerebbe; il cambiamento della forma di governo in sè non è una sciagura per un popolo, e per il popolo romano fu anzi una sciagura che la monarchia sia stata introdotta troppo tardi, dopo che già erano esaurite le forze fisiche e morali della nazione.
      Ma anche ciò non è nemmeno conforme al vero come ce ne fa buona prova il fatto che gli stati italici, d'ordinario, non offrivano ai tiranni terreno opportuno, come invece di tiranni furono fecondi gli stati ellenici. Non è difficile scoprire la ragione di questa differenza: la tirannide è da per tutto la conseguenza del suffragio universale e gli Italici hanno tenuto più lungamente dei Greci i cittadini non possidenti esclusi dalle assemblee comunali. Nessuno vorrà negare che il tribunato del popolo non sia stato di qualche giovamento; esso costrinse l'opposizione alle vie legali e stornò più d'una catastrofe; ma non si vorrà nemmeno disconoscere, che là, dove si appalesò utile, esso servì a cose ben diverse da quelle per le quali era stato instituito.
      L'audace esperimento di concedere ai capi dell'opposizione un veto costituzionale e di investirli della facoltà di farlo valere illimitatamente, fu un ripiego imposto dalla necessità, per cui lo stato fu scardinato, e la triste malattia sociale fu prolungata con inutili palliativi.


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Storia di Roma
2. Dall'abolizione dei re di Roma sino all'unione dell'Italia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 376

   





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