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      11. Contese ulteriori - Coriolano. Intanto si era organizzata la guerra intestina e questa seguiva il suo corso. I partiti coi loro rispettivi capi stavano di fronte, pronti a battagliare: l'uno voleva vedere ristretto il potere dei consoli ed esteso quello dei tribuni, l'altro pretendeva la soppressione del tribunato; l'insubordinazione resa legalmente impunita, il rifiuto di prestarsi alla difesa della patria, le querele per le multe e le punizioni inflitte, dirette particolarmente contro impiegati che avessero leso i diritti del comune o ne avessero incontrato la disapprovazione, erano le armi dei plebei, alle quali i nobili opponevano la forza e le pratiche coi nemici esterni, e, all'occasione, anche il pugnale dell'assassino. Più volte i partiti si azzuffarono nelle vie, e dalle due parti si violarono le sacre persone dei magistrati.
      Molte famiglie cittadine emigrarono cercando nei comuni vicini un soggiorno più pacifico.
      Prova dell'ardente patriottismo del popolo non è già l'essersi data tale costituzione, ma l'averla saputa tollerare, e l'avere, a dispetto di tali sconci, mantenuto e difeso il comune in mezzo alle scosse più violente.
      Il più notorio avvenimento di questi conflitti è l'episodio di Gneo Marcio, nobile valoroso, il quale fu detto Coriolano per aver preso d'assalto Corioli. Mosso a sdegno dal rifiuto delle centurie di conferirgli il consolato, avrebbe proposto l'anno 263 = 491, la sospensione, come alcuni narrano, della vendita del frumento dello stato sino a che il popolo, affamato, avesse rinunciato al tribunato; altri sostengono ch'egli proponesse senz'altro di sospendere la potestà tribunizia.


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Storia di Roma
2. Dall'abolizione dei re di Roma sino all'unione dell'Italia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 376

   





Gneo Marcio Coriolano Corioli