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      Si era in quella occasione pienamente chiarita l'impossibilità di sopprimere il tribunato popolare; l'aristocrazia plebea non poteva far nulla di meglio che impadronirsi di questa possente leva e servirsene affine di far cessare l'inferiorità politica del proprio ceto.
      2. Comunanza di matrimonio e d'impieghi. Per conoscere come fossero deboli i mezzi di cui disponeva la nobiltà patrizia di fronte alla concordia della plebe, basta il fatto, che le due pretese fondamentali del patriziato, la nullità del matrimonio contratto tra patrizi e plebei, e l'incapacità di questi ultimi ad esercitare le magistrature, appena quattro anni dopo la rivoluzione dei decemviri, furono alla prima occasione poste da canto, per lo meno come principii. L'anno 309 = 445 la legge canuleia prescriveva che il matrimonio tra patrizi e abitanti fosse considerato matrimonio legittimo romano, e che i figli dovessero seguire la condizione del padre.
      3. Tribuni di guerra con potere consolare. Oltre ciò, nel tempo stesso, fu stabilito che le centurie, invece dei consoli, eleggessero tribuni di guerra con potere consolare(7) e di durata consolare - ordinariamente nel numero di sei, quanti erano i tribuni per ogni legione. Seguendo l'antico diritto ogni cittadino soggetto alla coscrizione, o domiciliato, poteva aspirare ad avere un grado nella milizia, ed era per tal modo aperta la via tanto ai patrizi quanto ai plebei per giungere ugualmente alla suprema magistratura.
      Qui sorge naturalmente la domanda, quale interesse i patrizi potessero avere, giacchè avevano dovuto rinunciare all'esclusivo possesso della suprema magistratura ed erano stati costretti a cedere nel rifiuto del titolo ai plebei, a concedere loro invece il consolato in questa forma singolare(8).


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Storia di Roma
2. Dall'abolizione dei re di Roma sino all'unione dell'Italia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 376

   





Comunanza Tribuni