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      14. Eguaglianza sociale. Con la riforma dell'anno 387 = 367, come venne svolgendosi in processo di tempo, si giunse infine ad ottenere, almeno sotto un certo aspetto, l'eguaglianza civile, o per dir meglio, questa eguaglianza venne restaurata.
      Come nelle prime età di Roma, allorquando i patrizi formavano di fatto tutto il corpo della cittadinanza, essi avevano avuto, senza distinzione alcuna, eguali diritti ed eguali doveri, così nel periodo storico in cui siamo giunti, non v'era di fronte alla legge alcuna differenza arbitraria nell'allargata cittadinanza.
      Non vi è dubbio che le gradazioni prodotte dall'età, dall'avvedutezza, dalla coltura dello spirito e dalle ricchezze, dominassero anche in questo tempo la vita repubblicana; ma lo spirito dei cittadini e la politica del governo s'adopravano in modo che queste differenze risaltassero il meno possibile.
      L'indole del governo romano tendeva a formare cittadini vigorosi e forti, ma non permetteva che emergessero uomini di genio.
      La coltura dei Romani non progrediva di pari passo con lo svolgersi e col crescere delle forze dello stato, e per un cotal istinto politico di chi teneva il governo, essa era piuttosto frenata che promossa.
      Non si poteva impedire che vi fossero dei ricchi e dei poveri; ma, come in una vera città villereccia, il padrone del fondo guidava egli stesso l'aratro non altrimenti che il giornaliero, e la regola della buona economia, di vivere con parsimonia osservando sopra ogni cosa la massima di non lasciare infruttifero nessun capitale, era messa in pratica anche dai ricchi.


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Storia di Roma
2. Dall'abolizione dei re di Roma sino all'unione dell'Italia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 376

   





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