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      Il consolato, che nei primi tempi della repubblica era la sola magistratura comunale ordinaria, alla fine di questo periodo non era più nemmeno assolutamente la prima: giusta i nuovi ordini e la gerarchia consuetudinaria delle cariche comunali, il consolato prevaleva bensì sulla pretura, sull'edilità e sulla questura, ma si considerava come inferiore al censore, a cui, oltre l'importantissimo ramo delle finanze, era commessa la compilazione delle liste dei cittadini, dei cavalieri e dei senatori e con ciò un assoluto sindacato morale su tutto il comune in generale e su ciascun cittadino in particolare, dall'infimo popolano al più ragguardevole. Il concetto dei limiti del potere della suprema magistratura, ossia dell'idea della competenza, che sembrava non potersi accordare con quella della magistratura secondo l'antica ragion di stato romana, veniva sempre più acquistando forma e consistenza, e distruggeva l'antico dogma dell'impero uno e indivisibile.
      Questo processo analitico del potere cominciò colla creazione di cariche eguali contrastanti, come quella della questura ed ebbe il compimento colle leggi licinie (387 = 367), le quali ripartivano la somma delle cose fra i tre primi magistrati della repubblica in modo che ai primi due rimase l'amministrazione e la guerra, e al terzo la giustizia.
      Ma si andò più oltre. Sebbene i due consoli fossero in tutto pareggiati, cosicchè in ogni faccenda ognuno di essi aveva eguale ingerenza, essi però fin dai primi tempi, come è naturale, avevano in pratica divisi gli affari (provinciae) fra loro.


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Storia di Roma
2. Dall'abolizione dei re di Roma sino all'unione dell'Italia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 376