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      Antico deve essere stato il costume di non spogliare i senatori delle loro cariche nel senato se non all'epoca della revisione delle liste comunali, e cioè di cinque in cinque anni.
      Un altro passo per l'emancipazione del senato dal potere dei supremi magistrati fu fatto quando l'ufficio di compilare queste liste venne sottratto all'autorità consolare, e affidato ad un magistrato inferiore, cioè ai censori.
      Certamente, o allora o subito dopo, anche il diritto dei funzionari incaricati della compilazione della lista, di tralasciare alcuni senatori per qualche colpa che si poteva rimproverare loro e di escluderli anche dal senato, venne se non addirittura introdotto, almeno formulato più severamente(12), e con ciò fu istituito quel particolare tribunale di costumi sul quale posò specialmente l'alta autorità dei censori.
      Però tali fatti potevano (dovendo i due censori essere in questo concordi) ben servire ad allontanare alcune personalità che non facevano onore all'assemblea o che erano ostili allo spirito in essa dominante, ma non potevano stabilire, con questo, la sua dipendenza dalla magistratura.
      La legge ovinia, adottata come pare verso la metà di questo periodo, e verosimilmente subito dopo le leggi licinie, limitava ancora più decisamente il diritto dei consoli di costituire il senato a loro talento, accordando a colui, che era stato edile, curule, pretore, o console, provvisoriamente voce e seggio in senato, e obbligando i censori, che entravano in ufficio, a registrare formalmente questi aspiranti nella lista dei senatori o di escluderveli solo per quei motivi che bastano per giustificare l'esclusione d'un senatore effettivo.


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Storia di Roma
2. Dall'abolizione dei re di Roma sino all'unione dell'Italia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 376