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      Le condizioni proposte erano abbastanza moderate: Roma facesse atterrare le piazze forti di Cales e di Fregellae costruite contro il tenore dei trattati, e rinnovasse la federazione d'eguaglianza col Sannio.
      Accettate che ebbero i duci romani queste condizioni di cui garentirono la fedele esecuzione con seicento ostaggi scelti tra la cavalleria e col giuramento prestato dai supremi capitani e da tutti gli ufficiali dello stato maggiore, l'esercito romano fu lasciato partire illeso ma disonorato, giacchè l'esercito sannitico, ebbro della vittoria, non potè essere indotto a risparmiare agli odiati nemici la riprovevole cerimonia della deposizione delle armi e di passare sotto la forca.
      Ma il senato romano non curando il giuramento degli ufficiali e la sorte degli ostaggi, cassò la capitolazione e si limitò a consegnare ai nemici coloro che l'avevano conclusa, come i soli personalmente responsabili della sua esecuzione.
      Alla storia imparziale poco deve importare che la scienza casistica dei giureconsulti e della pretoria romana non abbia con ciò rispettata la lettera del diritto o che il senato abbia risolutamente rotto i patti; ma a considerare questo fatto sotto il rispetto morale e politico non pare che esso debba riuscire a biasimo dei Romani.
      Poco importa se il generale fosse o non fosse autorizzato, secondo la formale ragion di stato, a conchiudere la pace senza riservarne la ratificazione alla repubblica; e a dir vero, secondo lo spirito e la pratica della costituzione, era fuor di dubbio, che qualunque trattato, il quale non fosse assolutamente militare, dovesse riguardarsi di competenza del potere civile.


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Storia di Roma
2. Dall'abolizione dei re di Roma sino all'unione dell'Italia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 376

   





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