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      Per tutte queste cose non era facile, per la repubblica tarentina, prendere parte alla lotta tra Roma ed il Sannio anche senza tener conto degli intrighi, per lo meno molesti, in cui la politica romana aveva saputo avviluppare i Tarentini coi Lucani.
      Se non che con una risoluta volontà tutte queste difficoltà non erano poi insuperabili, tanto è vero che ambedue le parti avversarie giudicarono l'invito degli ambasciatori tarentini come il principio d'una politica più attiva.
      I Sanniti, come quelli che erano meno forti, si mostrarono disposti a fare onore all'invito degli ambasciatori; i Romani invece risposero all'intimazione dando il segnale della battaglia.
      Il senno e l'onore avrebbero imposto ai Tarentini di far seguire all'arrogante intimazione fatta dai loro ambasciatori l'immediata dichiarazione di guerra a Roma, ma a Taranto si difettava appunto di senno e d'onore e vi si trattavano assai puerilmente gli affari della più alta importanza.
      La dichiarazione di guerra non ebbe luogo: e si preferì invece impegnarsi a sostenere la fazione oligarchica delle città siciliane per avversare Agatocle siracusano, che era già stato al servizio di Taranto e vi era caduto in disgrazia, e, seguendo l'esempio di Sparta, si spedì una flotta in Sicilia, che avrebbe potuto rendere migliori servigi nelle acque della Campania (440 = 314).
      Di maggiore energia dettero prova i popoli a settentrione e nel cuore d'Italia, scossi, come pare, dalla fondazione della fortezza di Luceria. I primi a muoversi furono gli Etruschi (443 = 311), il cui trattato d'armistizio, concluso nel 403 = 351, era scaduto già da alcuni anni.


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Storia di Roma
2. Dall'abolizione dei re di Roma sino all'unione dell'Italia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 376

   





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