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      I Romani, dal canto loro, per difendersi contro gli elefanti, avevano armato una specie di carri da guerra, dai quali sporgevano, raccomandati a sbarre di ferro, bracieri ardenti ed aste munite di pungoli di ferro, che si potevano abbassare ed alzare secondo il bisogno - e che forse furono i primi embrioni di quei ponti d'arrembaggio, che poi vennero tanto in voga nella prima guerra punica.
      Prestando fede alla relazione greca, che ci sembra meno parziale della romana, la quale nondimeno si deve consultare anch'essa, il primo giorno i Greci avrebbero avuto la peggio, poichè non vennero a capo nè di distendere la loro fanteria sulle sponde scoscese e mollicce del fiume, ove furono costretti a cominciare la battaglia, nè di spingere innanzi la cavalleria e gli elefanti.
      Nel secondo giorno, invece, Pirro prevenne i Romani sul terreno sodo e aperto, e così, senza perdite, sboccò alla pianura, dove potè ordinare con comodo le sue falangi. Invano i Romani si precipitarono con le loro daghe sui sarissofori; la falange resistette imperturbabile ad ogni assalto, ma neppure essa potè mettere in rotta le legioni romane. Soltanto dopo che la numerosa scorta degli elefanti ebbe schiacciati colle frecce e con le pietre i Romani che combattevano attorno ai carri e dopo che, tagliate le corregge dei gioghi, gli elefanti poterono slanciarsi contro la fanteria nemica, questa cominciò a tentennare.
      I guardiani dei carri, datisi alla fuga, dettero il segnale della rotta, che però non costò molte vittime, poichè i fuggiaschi rientrarono al campo vicino.


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Storia di Roma
2. Dall'abolizione dei re di Roma sino all'unione dell'Italia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 376

   





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