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      I singoli comuni esistenti nell'interno della piena cittadinanza romana furono originati assai più da queste città che non dalle colonie marittime, e così con l'andar del tempo da essi fu formato l'ordinamento municipale romano. Quindi la cittadinanza romana assoluta si sarà estesa a quest'epoca: a settentrione fino in prossimità di Cere, a oriente fino all'Appennino, a mezzogiorno fino a Terracina, benchè naturalmente non si possa parlare qui propriamente di un confine, mentre un certo numero di città alleate secondo il diritto romano latino, come Tibur, Preneste, Signia, Norba e Circei, si trovavano entro questi confini, e parte si trovavano al di fuori di essi; gli abitanti di Minturno, Sinuessa, quelli del territorio di Falerno, di Sena Gallica e di altri luoghi godevano pure del pieno diritto di cittadinanza, mentre altre famiglie di cittadini romani, o isolate o riunite in villaggi, probabilmente si trovavano già disperse per tutta Italia.
      Fra i comuni soggetti stanno i cittadini passivi (cives sine suffragio), i quali, meno il diritto attivo e passivo di elezione, erano uguali ai veri cittadini nei diritti e nei doveri. La loro protezione giuridica era regolata dalle decisioni dei comizi romani e dalle norme pronunciate per essi dal pretore romano, pure serbando come fondamento di tutto ciò gli ordinamenti durati fino allora. Li giudicava il pretore romano oppure il prefetto in sua vece e nei singoli comuni.
      Alle città meglio collocate, a Capua, per esempio, rimase l'amministrazione autonoma, e così pure l'uso della propria lingua e gli impiegati delle imposte e del censimento.


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Storia di Roma
2. Dall'abolizione dei re di Roma sino all'unione dell'Italia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 376

   





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