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      Ma dacchè il comune romano imperò su tutti, le condizioni si invertirono; il comune romano cominciò a conservare gelosamente il suo diritto di cittadinanza, e fece così cessare l'antica libertà di andare e venire, benchè gli uomini politici di quest'epoca fossero abbastanza intelligenti da aprire legalmente, almeno ai più insigni uomini dei comuni soggetti, l'accesso al diritto di cittadinanza romana.
      Anche i Latini, quindi, ebbero a sperimentare che Roma, dopo aver principalmente col mezzo loro sottomessa l'Italia, non aveva ora più, come prima, bisogno di loro.
      19. Comunità federali non latine. Le relazioni poi tra Roma e le comunità federate che non avevano il diritto latino, andavano soggette, com'è facile ad immaginare, alle più svariate norme, appunto come le speciali convenzioni federative, da cui nascevano.
      Parecchie di queste eterne leghe, come ad esempio quella dei comuni ernici e quelle di Napoli, di Nola, d'Eraclea, garantivano diritti larghissimi, specialmente in confronto del modo con cui erano governate altre comunità, che pur erano legate a Roma da patti federali, i quali però, come ad esempio quelli di Taranto e del Sannio, dovevano condurre ad un quasi assoluto dispotismo.
      Del resto si deve credere, che fu una massima generale di politica dichiarar sciolti di diritto e annullati di fatto tutti i consorzi particolari tra i popoli italiani, come già erano state sciolte le federazioni tra i Latini e quella degli Ernici, di cui parla la tradizione; e questa massima dovette essere rigorosamente applicata a tutte le altre leghe, di modo che nessuna comunità italiana conservò la facoltà di stabilire relazioni politiche con altre comunità, come non era neppure concessa la libertà di connubio tra i cittadini di comunità diverse, e la facoltà di consultare e di prendere deliberazioni comuni.


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Storia di Roma
2. Dall'abolizione dei re di Roma sino all'unione dell'Italia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 376

   





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