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      Così si ottenevano quegli uomini, a cui dovevano un giorno succedere, ed i successi immensi, ma a prezzo di immensi sacrifizi, giacchè anche Nike, la dea dei vittoriosi, è seguita dalla propria Nemesi.
      Nella repubblica romana l'uomo non vale che in forza delle istituzioni sociali; personalmente non si bada più al semplice gregario che al capitano; e sotto la rigida osservanza della disciplina morale e politica rimane soffocata ogni particolarità individuale.
      Roma si levò a una grandezza meravigliosa, di cui non v'ha riscontro in alcuna società antica; ma pagò questa grandezza col sacrificio della bella e ricca varietà, dell'agevole spontaneità e della libertà spirituale propria della vita ellenica.
     
     
      NONO CAPITOLO
     
      ARTE E SCIENZA
     
      1. Festa popolare romana. I progressi delle arti, e specialmente della poesia, nell'evo antico, vanno quasi per necessità di pari passo con i progressi delle pubbliche solennità. La festa straordinaria, colla quale Roma soleva render grazie agli dei, ordinata fin da principio ad imitazione dei Greci, e nota sotto il nome di «giuochi romani», o «giuochi massimi» crebbe in questo secolo a maggiore onore per durata e per varietà di spettacoli.
      In origine le feste non duravano più di un giorno, ma ad ogni grande avvenimento prosperamente compiuto per la repubblica, si prolungarono di un giorno, come occorse negli anni 254 = 500, 260 = 494, 387 = 367, onde ai tempi di cui ora si parla la festa durava quattro giorni(59). Ne crebbe anche l'importanza, giacchè gli edili curuli (387 = 367), fin dalla loro istituzione, ebbero l'incarico di pensare agli apprestamenti e alla sorveglianza, e con ciò essa non venne più riguardata come una festa speciale, celebrata per voto d'un capitano in memoria d'un particolare avvenimento, ma prese posto tra le ordinarie solennità annuali.


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Storia di Roma
2. Dall'abolizione dei re di Roma sino all'unione dell'Italia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 376

   





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