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      Se confrontiamo, sotto questi rispetti, cogli Etruschi le genti di stirpe propriamente italica, esse ci parranno a prima vista come antiartistiche. Ma una più attenta osservazione ci condurrà a riconoscere che, tanto la nazione sabellica quanto la latina, debbono aver avuto un'assai maggior capacità e destrezza per l'arte che non la nazione etrusca.
      Veramente nel territorio sabellico propriamente detto, negli Abruzzi, nel Sannio, le opere d'arte sono così scarse, che si potrebbe dire che manchino affatto, e vi è persino difetto di monete.
      Quelle tribù sabelliche invece, che si erano stabilite sulle rive del mar Tirreno o del Jonio, non soltanto hanno ritratto, mercè una materiale riproduzione, l'arte ellenica come fecero gli Etruschi, ma l'hanno più o meno opportunamente appropriata al loro paese.
      Già a Velitrae, dove, malgrado la trasformazione della città in colonia latina e più tardi in comune passivo romano, pare che più a lungo siano durati i costumi e la lingua dei Volsci, si rinvennero delle terrecotte dipinte, di bella e originale fattura. Nella bassa Italia, lasciando da parte i Lucani, che, a dir vero, si mostrarono poco meno che insensibili all'influenza artistica degli Elleni, vediamo nella Campania e nei paesi dei Bruzi, i Sabelli e gli Elleni fusi intimamente così nella lingua e nella nazionalità, come nell'arte; tanto è vero che le monete campane e bruzie appaiono così eguali alle monete contemporanee greche e reggono così bene al paragone che non si riesce a distinguerle per altro segno che per la leggenda.


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Storia di Roma
2. Dall'abolizione dei re di Roma sino all'unione dell'Italia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 376

   





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