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      7022). Anche il nome ordinario delle autorità latine (praetores) li qualifica ufficiali.
      (22) Questa specie di domiciliati non era inscritta una volta per sempre come gli effettivi cittadini in un dato distretto elettorale, ma prima d'ogni votazione decideva la sorte in quale distretto territoriale i domiciliati dovessero votare per quella volta. Per quanto ne risulta sostanzialmente, fu accordato ai Latini un voto nelle assemblee delle tribù romane. I domiciliati non possono aver votato nelle centurie, perchè la prima condizione del diritto di votazione nelle centurie era quella di avere un posto fisso in qualche tribù. Essi vi avranno quindi preso parte nelle curie, giacchè nelle medesime potevano votare anche i plebei.
      (23) È noto che i comuni latini erano ordinariamente retti da due pretori. In molti di questi comuni troviamo però anche magistrati unici i quali assumevano il titolo di dittatori, - così in Alba (ORELLI-HENZEN, inscr. 2293), in Lanuvio (CIC., pro Mil., 10,27; 17,45, ASCONIO, in Mil., p. 32, ORELLI, n. 3786, 6086) in Compitum (ORELLI, 3324), in Nomento (ORELLI, 208, 6138, 7032; confr. HENZEN, Bullett., 1858, p. 169), e in Aricia (ORELLI, n. 1455); a questo si aggiunge il simile dittatore nella civitas sine suffragio, Cere, (ORELLI, 112). Tutte queste cariche o sacerdozi derivati da uffici, hanno la durata d'un anno (ORELLI, 208) - e LIVIO 9,43 definisce i pretori e i dittatori delle repubbliche del tutto spente, come ad esempio il dittatore d'Alba, come segue: Anagninis magistratibus praeter quam sacrorum curatione interdictum.


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Storia di Roma
2. Dall'abolizione dei re di Roma sino all'unione dell'Italia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 376

   





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