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      Liberati da questo balzello, cominciarono ad esercitare largamente l'economia rurale. Nei Fenici era tradizione l'attendere a grandi stabilimenti agrari, facendoli coltivare dagli schiavi o da mercenari; come tali essi impiegavano a Tiro una gran parte della gente giudaica. I Cartaginesi poterono dunque, ora, coltivare liberamente l'ubertoso terreno della Libia introducendo quei sistemi stessi, o presso a poco, che vediamo oggi prevalere presso i possessori delle piantagioni sul continente americano; le terre erano lavorate da schiavi incatenati e si ha notizia di privati cittadini che ne possedevano fino a ventimila. Ma questo non era tutto.
      I villaggi agricoli dei dintorni (presso i Libici l'agricoltura pare sia stata introdotta molto presto dall'Egitto, e forse prima che giungessero in Africa i Fenici) furono sottomessi con le armi dai Cartaginesi, e i liberi contadini libici costretti, come i fellah, a dare ai padroni sotto forma di tributo il quarto del raccolto, erano anche obbligati, da un sistema regolare di reclutamento, a formare un esercito locale cartaginese. Si guerreggiava intanto continuamente ai confini colle tribù nomadi pastorizie (nomàdes) e, mentre una catena di fortificazioni manteneva sicuro il paese, a poco a poco si respingevano quelle tribù nel deserto e alla montagna, costringendole a riconoscere il dominio cartaginese, a pagare un tributo o a dar le reclute all'esercito territoriale.
      La grande città di Theveste (Tebessa, alle sorgenti del Medscherda), capitale di queste genti africane, fu conquistata dai Cartaginesi verso l'epoca della prima guerra punica.


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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 371

   





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