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      Cị produsse, verso l'epoca dei decemviri, un cambiamento della costituzione e l'istituzione di un nuovo potere.
      Sappiamo che la carica di questore dava diritto ad entrare nel collegio dei giudici, ma che peṛ il candidato doveva sottoporsi all'elezione di certi gruppi di cinque uomini che si completavano nel loro seno; sappiamo inoltre che i giudici, benchè venissero eletti annualmente, rimanevano, di fatto, in carica oltre il tempo prefisso e persino per tutta la loro vita, per cui dai Romani e dai Greci erano chiamati senatori.
      Per quanto queste particolarità costituzionali sieno confuse, si riconosce peṛ chiaramente, che lo spirito di questo collegio era quello d'una rappresentanza oligarchica costituita mediante un'elezione fatta dagli ottimati nel corpo del patriziato; di che abbiamo una sola, ma caratteristica prova nel fatto, che a Cartagine, accanto al bagno comune per i cittadini, ve n'era uno particolare per i giudici.
      Essi, prima di tutto, erano obbligati a sentenziare come giurati politici, e invitavano principalmente i duci, e, certo, all'occorrenza, anche i pretori ed i geronti a render conto della loro gestione uscendo d'ufficio, e li punivano a lor talento, spesso in modo crudele, senza alcun riguardo e persino colla morte. Qui, come ovunque, i funzionari amministrativi sono sottoposti al sindacato di un'altra corporazione, la forza del potere pasṣ naturalmente dall'autorità sindacata all'autorità sindacante; ed è facile comprendere come da un lato il collegio sindacante si ingerisse di tutti gli affari amministrativi, come ad esempio la gerusía comunicasse i dispacci importanti prima ai giudici e poscia al popolo, e dall'altro come il timore d'un giudizio emesso secondo i successi conseguiti, paralizzasse le azioni dell'uomo di stato, non meno che le azioni del generale.


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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 371

   





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