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      Le fonti da cui si traevano le forze militari dei Romani e dei Cartaginesi erano di natura molto diversa, e nondimeno, per molti rispetti, si equivalevano. La cittadinanza cartaginese, quando fu espugnata la città, saliva ancora a 700.000 abitanti comprese le donne ed i fanciulli(4) e si può ritenere che alla fine del quinto secolo fosse ancora così numerosa, se poteva armare ancora 40.000 opliti, tutti cittadini. Ma Roma aveva messo insieme un esercito della stessa forza al principio di quel secolo, e dopo l'allargamento dell'agro romano, avvenuto nel corso del quinto secolo, il numero dei Quiriti atti a portar armi deve essere cresciuto almeno del doppio.
      Ma la superiorità di Roma non era tanto nel numero dei cittadini atti alle armi, quanto nella loro qualità. Per quanto il governo cartaginese si studiasse di indurre i cittadini al servizio delle armi, esso non poteva dare nè all'operaio nè al mercante la robustezza del contadino, nè vincere la innata avversione dei Fenici per la guerra.
      Nel quinto secolo combatteva ancora negli eserciti siciliani una «Sacra schiera» di 2500 Cartaginesi, come guardie del duce; nel sesto secolo non si trova negli eserciti punici - per esempio nell'esercito di Spagna - un solo cartaginese, tranne gli ufficiali. I contadini romani invece non figuravano solo sui registri e nelle rassegne, ma si trovavano sui campi di battaglia. Lo stesso può dirsi dei connazionali delle due repubbliche. Le milizie latine non erano affatto inferiori alle stesse milizie urbane; i Libio-fenici invece non amavano il mestiere dell'armi più dei Cartaginesi, e quindi erano anche meno disposti ad affrontare le fatiche della guerra.


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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 371

   





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