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      Ond'è che anch'essi scomparvero dagli eserciti e le città fenicie dell'Africa e della Spagna probabilmente, invece di mandare uomini e soldati, mandavano denari.
      Nell'esercito in Spagna, forte di circa 15.000 uomini, non vi era che una brigata di 4500 cavalli, e questa era composta solo in parte di Libio-fenici. Nerbo degli eserciti cartaginesi erano i Libici, i quali, condotti da buoni ufficiali, davano una valida fanteria; la loro cavalleria leggera poi era insuperabile nel suo genere. A queste si aggiungevano le forze delle popolazioni della Libia e della Spagna più o meno dipendenti ed i famosi frombolieri delle Baleari che tenevano il posto tra i contingenti federali e le bande di mercenari; finalmente la soldatesca, che in caso di bisogno si arruolava all'estero.
      Un esercito simile poteva bensì, in quanto al numero, essere aumentato senza difficoltà e, se si vuol considerare la valentia degli ufficiali, le cognizioni militari, il coraggio, poteva stare a fronte dell'esercito romano, ma quando la necessità imponeva di arruolare mercenari non solo si perdeva gran tempo prima di metterli in grado di entrare in campagna, mentre le milizie romane erano pronte ad ogni occasione, ma - e questo è il più - mentre nessun sentimento elevato, fuorchè l'onore della bandiera e la speranza dei premi, teneva uniti gli eserciti cartaginesi, i romani erano animati a combattere dall'amor patrio. L'ufficiale cartaginese di comune levatura doveva considerare i suoi mercenari, e anche gli stessi contadini della Libia presso a poco come ora in guerra si considerano le palle da cannone; da ciò le atrocità e le turpitudini, come fu il tradimento delle truppe libiche per opera del generale Imilcone (358=396) seguito da una minacciosa sollevazione dei Libici; da ciò quel detto divenuto proverbiale della «fede punica», che non fu di poco nocumento ai Cartaginesi.


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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 371

   





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