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      Le navi solevano girarsi e schermirsi finchè all'una od all'altra non venisse fatto di dare il cozzo, ch'era d'ordinario il colpo decisivo. Perciò nell'equipaggio d'una nave greca a tre ponti, d'ordinaria grandezza, con circa 200 uomini, si trovavano appena 10 soldati, ma 170 rematori, da 50 a 60 per ogni ponte; una nave da cinque ponti comprendeva circa 300 rematori e un proporzionale numero di soldati.
      Si ebbe il felice pensiero di supplire a ciò di cui le navi romane necessariamente dovevano difettare rispetto alla prontezza e maneggiabilità avversarie per la scarsa esperienza degli ufficiali e marinai, col dare nelle battaglie navali una parte preponderante ai soldati.
      Si adattò sulla prua della nave un ponte mobile, che si potesse abbassare sia di fronte, sia di fianco; i due lati del ponticello erano muniti di parapetti, e la larghezza era per due uomini di fronte. Quando la nave nemica si avvicinava per dare di cozzo alla nave romana, o quando, dopo che si era evitato il cozzo, la nave nemica veniva a randeggiarla, si abbassava il ponte sulla tolda di essa e lo si assicurava con un raffio di ferro per cui non solo s'impediva l'affondamento, ma i soldati romani si lanciavano attraverso il ponte sul cassero della nave nemica e la prendevano di assalto come in un combattimento di terra.
      Non fu creata un'apposita milizia navale, ma vi si impiegavano, secondo il bisogno, le truppe di terra; e si sa che in una grande battaglia navale, nella quale la flotta romana aveva a bordo anche truppe da sbarco, combattevano su ciascuna nave fino a 120 legionari.


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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 371