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      Non era molto più fortunato l'esercito assediante dalla parte di terra. Si cominciò l'assedio con un attacco regolare e furono poste in opera le macchine da guerra, che in breve atterrarono sei torri murate, praticando una larga breccia, ma il valente generale cartaginese Imilcone rese vano questo attacco facendo alzare un secondo terrapieno dietro la breccia. E anche un tentativo fatto dai Romani per corrompere la guarnigione, fu sventato. Anzi riuscì ai Cartaginesi d'incendiare, in una notte procellosa, le macchine da guerra dei Romani dopo che questi ebbero respinta la prima loro sortita. I Romani allora desistettero dal pensiero di espugnare la città e si accontentarono di bloccarla per mare e per terra.
      La speranza di un successo era quindi assai remota, almeno finchè non si fosse potuto impedire interamente il passo alle navi nemiche. Nè l'esercito assediante si trovava dal lato di terra in condizioni molto migliori degli assediati, giacchè la forte ed audace cavalleria leggera dei Cartaginesi ne impediva spesso il rifornimento, e le malattie contagiose, fomentate dall'insalubrità dei luoghi, decimavano le milizie.
      L'espugnazione di Lilibeo era nondimeno tanto importante, da consigliare a durare pazientemente nella laboriosa impresa, la quale col tempo doveva riescire a buon fine.
      Ma al nuovo console Publio Claudio parve che fosse cosa troppo indegna di lui rimanersene ozioso a bloccare Lilibeo: volle mutare nuovamente il piano di guerra, e pensò di sorprendere colla sua flotta, appena riorganizzata, i Cartaginesi ormeggiati nel vicino porto di Trapani.


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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 371

   





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