Pagina (73/371)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Si era cominciato a ventilare il piano di espugnare una dopo l'altra le fortezze cartaginesi nella Sicilia; per le piccole fortezze la cosa era riuscita, ma le due più considerevoli, Lilibeo e Trapani, s'erano dimostrate più che mai imprendibili. I senatori si persero d'animo; essi lasciarono andare le cose come potevano, benchè sapessero benissimo, che una guerra prolungata all'infinito e senza scopo, riuscirebbe all'Italia più rovinosa assai d'uno sforzo supremo per farla finita; ma mancava loro il coraggio e la fiducia nel popolo e nella fortuna per domandare nuovi sacrifici, dopo che già s'erano inutilmente logorate tante forze e tanti denari.
      Venuti a questa decisione, licenziarono la flotta, ridussero la guerra marittima ad azioni di pirateria, e a questo scopo furono concesse ai capitani, che volessero per proprio conto uscir in mare, le navi da guerra dello stato.
      In Sicilia si continuò la guerra perchè altro non si poteva fare, ma guerra di nome, in cui si tenevano d'occhio le fortezze cartaginesi e si conservavano a stento le romane; cosa di poco frutto e che nondimeno, senza l'appoggio d'una flotta, richiedeva numerosissime milizie e costosissimi apparecchi.
      Se vi fu momento in cui Cartagine poteva abbassare la potente sua rivale, fu quello.
      Non c'è dubbio che anche Cartagine doveva sentirsi spossata; ma per ben altra ragione; poichè ai Cartaginesi le guerre non costavano quasi altro che danaro, e le finanze fenicie non potevano essere così esauste da non permettere ai Cartaginesi di continuare con vigore una guerra offensiva.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 371

   





Sicilia Lilibeo Trapani Italia Sicilia Cartagine Cartagine Cartaginesi Cartaginesi