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      Ma il governo cartaginese era debole e rilassato ogni volta che non fosse spronato dal miraggio d'un lucro facile e sicuro, o spinto dall'estrema necessità. Contento di non aver più addosso la flotta romana, trascurò stoltamente la propria, e, seguendo l'esempio della sua nemica, cominciò a rallentare la guerra, limitandosi a scorrerie per terra e per mare nella Sicilia e sui lidi vicini.
      Così trascorsero sei anni (506-511=248-243) senza un fatto degno di essere ricordato, gli anni più ingloriosi che si riscontrino nella storia romana di questo secolo, e non meno ingloriosi anche per i Cartaginesi. Ma tra questi viveva un uomo, per altezza di pensiero e fortezza d'animo, assai diverso dai suoi improvvidi cittadini.
      13. Amilcare Barca. Era questi Amilcare Barca o Barcas (che significa baleno), giovane ufficiale di grandi speranze, il quale nel 507=247 assunse il supremo comando della Sicilia.
      Difettava il suo esercito, come in generale tutti gli eserciti cartaginesi, di fanteria solida ed agguerrita. Il governo avrebbe forse potuto trovare un rimedio, e ad ogni modo avrebbe dovuto cercarlo, ma invece si accontentava di studiare la causa delle sconfitte e tutt'al più di fare crucifiggere i generali che si lasciassero battere.
      Amilcare decise di fare da sè. Egli ben sapeva che i suoi mercenari non avevano maggiore simpatia per Cartagine che per Roma, e che non aveva da aspettarsi dal suo governo coscritti fenici o libici, ma gli sarebbe stata appena concessa la facoltà di salvare la patria, levando a suo nome soldati e senza cagionare alcuna spesa al pubblico erario.


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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 371

   





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