Pagina (210/371)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      La loro discordia soltanto impediva quindi alla Macedonia ed alla Grecia di essere di gran peso nella decisione della grande lotta italica; esse potevano salvare il nome greco quando per pochi anni soltanto avessero voluto mantenersi unite contro il comune nemico. Di ciò si parlava certamente in Grecia.
      Le profetiche parole di Agelao da Naupatto, che in breve cesserebbero le gare puerili che tenevano allora occupati i Greci, e la seria ammonizione di rivolgere gli sguardi verso l'occidente e di non permettere che una più forte potenza obbligasse alla pace sotto il medesimo giogo tutti i partiti contendenti, avevano contribuito moltissimo a spingere Filippo alla pace cogli Etoli (537=217), e l'avere la lega nominato lo stesso Agelao a suo generale prova a che tendesse quel trattato.
      Il sentimento nazionale si agitava in Grecia non meno che in Cartagine, sicchè vi fu un momento in cui parve possibile alla Grecia una guerra nazionale contro Roma. Ma il supremo comandante di una simile guerra non poteva essere che Filippo di Macedonia ed a questi mancavano l'entusiasmo e la fede della nazione, senza le quali doti non poteva farsi una guerra simile.
      Egli non comprendeva il difficile compito di tramutarsi da oppressore in propugnatore della Grecia.
      Già il suo temporeggiare nella conclusione dell'alleanza con Annibale aveva raffreddato l'ardore primitivo dei patrioti greci; e, allorquando egli entrò in guerra contro i Romani, il suo modo di guerreggiare fu ancora meno atto a destare simpatia e fiducia.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 371

   





Macedonia Grecia Grecia Agelao Naupatto Greci Filippo Etoli Agelao Grecia Cartagine Grecia Roma Filippo Macedonia Grecia Annibale Romani