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      Ma egli era ritornato a Tarragona prima che Asdrubale si fosse mostrato sull'Ebro; il pericoloso tentativo fatto dal giovane capitano, abbandonando il suo compito presente per tentare un attraente colpo di mano, fu giustificato dal favoloso successo da lui ottenuto con l'aiuto di Nettuno.
      La prodigiosa resa della capitale cartaginese giustificò così, oltre ogni previsione, quanto in patria ci si riprometteva dal meraviglioso giovane, e ciò doveva ammutolire qualunque contrario giudizio.
      Scipione fu confermato nel comando per un tempo indeterminato; egli stesso decise di non limitarsi al meschino incarico di custodire il passaggio dei Pirenei.
      In conseguenza della presa di Cartagena non solo si erano interamente sottomessi ai Romani gli Spagnuoli residenti al di qua dell'Ebro, ma anche i più potenti principi dell'altra sponda avevano cambiata la clientela cartaginese con quella romana.
      Scipione approfittò dell'inverno del 545-6=209-8 per sciogliere la sua flotta e per accrescere colla ciurma di questa il suo esercito di terra, di modo che egli potè al tempo stesso tener d'occhio il settentrione e prendere con maggior vigore, di quello che non avesse fatto sino allora, l'offensiva nel mezzodì, e nel 546=208 si mise in marcia alla volta dell'Andalusia.
      Qui si scontrò con Asdrubale Barca, il quale si dirigeva verso il settentrione allo scopo di porre in esecuzione il piano, già da lungo tempo meditato, di venire in aiuto di suo fratello Annibale. Si venne a battaglia presso Becula; i Romani se ne ascrissero la vittoria e dissero d'aver fatto 10 mila prigionieri, ma Asdrubale raggiunse in sostanza il suo obiettivo, sebbene vi sacrificasse una parte dell'esercito.


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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 371

   





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