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      Una divisione di Bruzi della guarnigione gli aprì a tradimento le porte della città, della quale gli irritati vincitori fecero spaventevole strazio. Tutti quelli che capitarono loro nelle mani, fossero soldati o cittadini, vennero massacrati, le case saccheggiate. Si vuole che 30.000 Tarentini siano stati venduti schiavi, e che 3.000 talenti (circa 18 milioni e 300.000 lire) siano stati versati nel tesoro dello stato. Fu questo l'ultimo fatto d'armi del generale ormai ottuagenario; Annibale arrivò coll'intento di liberare la città quando tutto era finito, e quindi si ritrasse a Metaponto.
      Dopo ch'egli ebbe così perduto a poco a poco le sue più ragguardevoli conquiste, e si vide ridotto alla punta sud-ovest della penisola, Marco Marcello, eletto console pel 546=208, d'accordo col valente suo collega Tito Quinzio Crispino, sperava di mettere fine alla guerra con un fatto decisivo. Al vecchio soldato non davano alcuna molestia i suoi anni; un sol pensiero lo occupava giorno e notte: quello di vincere Annibale e di liberare l'Italia. Ma il destino serbava quest'alloro ad una più giovane fronte.
      In una ricognizione di poco rilievo i due consoli vennero sorpresi presso Venosa da una divisione di cavalleria africana. Marcello sostenne l'ineguale combattimento come aveva fatto quarant'anni prima contro Amilcare e quattordici anni addietro presso Clastidio, fino a che, moribondo, cadde da cavallo; Crispino si salvò, ma morì poi per ferite riportate nel combattimento (546=208).
      La guerra durava da undici anni.


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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 371

   





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